Un esito prevedibile, quello delle elezioni romene di ieri.
C’è chi parla di risovietizzazione, soprattutto gli americani che, forse, non hanno ancora esorcizzato abbastanza gli spettri della Cortina di Ferro o, magari, non vedono l’ora di riaccendere quelle fiammelle sopite buttando benzina sul fuoco.
Personalmente, non credo che ci sia questo rischio, prima di tutto perché i Soviet non esistono più e poi, anche perché la Russia è per la Romania un ricordo lontano e spiacevole.
Ciò che, invece, mi preme sottolineare è il fatto che, con un risultato plebiscitario come questo (l’USL, Unione Social Liberale supera, al Senato, il 60%) bisogna avere un programma articolato e, soprattutto, durevole.
Difficile dire se, in un contesto così particolare come quello della Romania post-comunista e post-consumista, ci sarà un’attività parlamentare davvero all’altezza di percentuali così eloquenti (il precedente nostrano dell’attuale legislatura non mi sembra abbia dato i risultati ipotizzati).
Certo, mi viene sempre da sorridere sotto i baffi quando leggo l’aggettivo “liberale” come attributo dei partiti carpatici. Cosa vuol dire “liberale” nel 2012? Vuol dire forse liberista? Libertario? Liberale come a inizio Novecento?
D’altra parte, curioso a dirsi, “liberali”, in Romania sono “tutti”, sia destra che sinistra.
Stavolta la palla è alla sinistra. Staremo a vedere.