
English: Courtyard of the Museum of Louvre, and its pyramid. Français : La cour Napoléon du Musée du Louvre, et sa pyramide, à la tombée de la nuit (Photo credit: Wikipedia)
Lo spunto nasce, stavolta, dal dialogo avuto, ieri sera, con il mio nuovo vicino di scrivania: che mondo straordinario sono (o potrebbero essere) le biblioteche italiane. Eh sì, lui lo può dire, essendo straniero.
Peccato, si constatava amaramente insieme, che l’uso maggiore di questi strumenti eccezionali di divulgazione della cultura sia quello di accessi a internet per andare, magari, sui social network.
Penso alle biblioteche antiche, tempi del sapere e custodi della cultura universale e mi domando se esiste davvero, oggi, qualcosa di analogo.
Per quanto riguarda la cultura enciclopedica, sicuramente i progetti “wiki”, primo tra tutti la celebre wikipedia.org, costituiscono una versione rigorosamente digitale e, per di più, sociale dell’illustre antenato di D’Alembert e Diderot.
Resta il fatto che le biblioteche non sono solo contenitori di un sapere enciclopedico e che la cultura non è solo nozionistica.
Insomma, abbiamo trovato l’erede dell’Encyclopédie, ma troveremo mai l’erede della Biblioteca di Alessandria? Potranno, candidati come Google o Amazon vincere le elezioni?
Perché poi – ed ecco di nuovo che torno a quanto commentavo amaramente prima – il disinteresse verso la cultura è generalizzato.
Mi ha stupito non poco, oggi, la notizia dell’inaugurazione di una nuova “ala” del Louvre a Lens, nel Pas de Calais, a duecento chilometri da Parigi: un tentativo di rivitalizzare una regione mineraria profondamente provata da “questa” crisi, dicono (in realtà non si estrae più carbone da trent’anni). Hollande, tagliando il nastro, ha detto che si tratta di un “pari insensé”…
Creare turismo culturale, tuttavia, a mio avviso, benché favorisca la divulgazione, non comporta la creazione di cultura. Già lo sapevamo, noi, fin da ragazzini, quando, andando in gita scolastica, aspettavamo impazientemente solo il momento dello shopping di rito.
Alla fine, ecco tornare il mio solito adagio: siamo fagocitati da un non pensiero post-consumistico che ci ha minato alle fondamenta ma… che fare?