Il 9 agosto del 1916 si spegneva, in Torino, via Luigi Cibrario 65, a meno di cinquecento metri dalla casa in cui abito e scrivo, il grande poeta crepuscolare Guido Gozzano. Gozzano lo conobbi a scuola, al liceo, ove mi fu chiesta una tesina per la maturità che ne ripercorreva vita ed opere. All’epoca, 1992, Torino e via Cibrario erano l’ignoto, per me, romano. Eppure, io, pragmatico ragazzino cresciuto al sole della Capitale, seppur lontano dalla sensibilità di questi poeti dal cuore fanciullo e piangente, per citare il Corazzini, presentivo un’affinità speciale con il loro modo di raccontare quel sottile universo nascosto tra realtà e sogno. Questa sera, percorrendo con il mio cane via Cibrario, Bohemian Rapsody di Freddie Mercury (un altro crepuscolare, morto della tubercolosi del ventesimo secolo) nelle cuffie, ho ripercorso le stanze della Signorina Felicita e le loro piccole cose da cui dovremmo saper, poter cogliere la felicità. Sarò ancora in grado di coglierle? In fondo, io non sono un poeta crepuscolare.