E se il mondo non “finisse” ma “cambiasse”? In fondo, la nostra percezione apocalittica è necessariamente connessa con la visione occidentale di un avvenimento definitivo, come lo vedeva goliardicamente il Belli nell’indimenticabile sonetto romanesco. E se, invece, si trattasse di una trasformazione inesorabilmente lenta, eppure pervasiva, del nostro mondo, del nostro essere?